Tuesday, September 25, 2007

TAREQ

Tareq non ha mai visto la terra da così in alto. Una porzione alla volta, la sua città. Lo schienale della poltrona lo spinge in avanti, aumentando quel senso di malessere che ha già provato quando gli hanno imposto di andar via. Quella mattina, all’alba. Via dai suoi fratelli, via da sua madre, via dalla sua casa, via dalla sua strada, via dal suo quartiere. L’orizzonte si inclina, i colori si allargano, i punti si confondono. Pochi istanti di volo e già sembra di aver perduto il ricordo… Era piccolo, appena qualche giorno fa. Giocava in strada e parlava della guerra, mentre la guerra giocava con i grandi. I suoi amici si erano appena allontanati dalla fermata. Lui era andato un attimo alla vetrina di Karhid, il fornaio amico di suo padre. Ha visto corpi dilaniati, vicino a grandi buche nell’asfalto. La corriera ferma e in fiamme. Ha giocato con i sassi. Fino a casa. Senza alzare la testa.

INDIVIDUI

Vorrei esistesse una parola che meglio possa sintetizzare il comportamento dell'uomo di oggi. Ma è ancora giusto e valido chiamarlo "uomo" o il termine risulta ormai obsoleto?
Ci lasciamo classificare per rientrare in questa o quella statistica, desideriamo il possesso di oggetti che noi stessi definiamo "di massa". Ci crediamo "individui" e poi ci lasciamo sciogliere in uno stampo per dare alla nostra estetica la forma da tutti apprezzata. Ci convinciamo di essere speciali, perchè unici ed irripetibili. Poi fuggiamo dall'idea di essere chiamati "diversi". Fingiamo di inseguire le nostre passioni mentre ci contiamo i soldi in tasca per comprarne una. Mentiamo alla nostro buon senso dandoci regole di morale. Rubiamo ai ricchi per diventare ricchi. Usiamo lo stress come una nuova droga e come da una droga ne siamo dipendenti ed impauriti. Non sappiamo più concederci una tregua. La battaglia motiva il nostro viaggio verso la nostra meta. La meta perde il suo percorso e diventa solo un'arma da ottenere. Una in più.
Allora non chiamatemi uomo. Non perchè io sia meglio, ma solo perchè voglio sentirmi diverso. E gridarlo. E sussurrarlo. Ed emozionarmi per questo. Voglio peccare e perdere la vergogna. Voglio l'equilibrio per gettarmi nel vuoto e lanciare i miei sensi. Voglio la complicità dei miei pensieri e dei miei gesti. Dagli occhi chiedo attenzione. Dalle orecchie chiedo ricezione. Dal naso chiedo essenze. Dalla bocca chiedo piacere. Dalle mani chiedo calore. Dall'uomo non chiedo niente. Non chiamatemi uomo. Non me lo merito.